Ci sono ingredienti che, più di altri, raccontano Roma al primo morso. Il baccalà è uno di questi: dorato, croccante, profumato d’olio buono. Lo trovi nei cartocci fumanti, nei piatti degli antipasti misti, nelle friggitorie storiche e nelle osterie che non hanno paura di sporcarsi le mani con la tradizione.
Eppure, questo protagonista assoluto della cucina romana non nasce affatto sul Tevere. Viene da acque gelide, da lunghi viaggi, da una conservazione antica quanto il sale. È un pesce del Nord che, una volta arrivato in città, è diventato romanissimo.
Dal Nord Atlantico alle friggitorie di Roma
Il baccalà non è altro che merluzzo conservato sotto sale, un metodo nato per trasportare il pesce su lunghe distanze e conservarlo a lungo. Le rotte commerciali lo hanno portato in tutta Europa, fino a entrare stabilmente nelle cucine italiane.
A Roma ha trovato terreno fertile soprattutto nella tradizione giudaico-romanesca:
- il baccalà fritto diventa piatto da festa;
- la pastella è una cosa seria, misurata “a occhio” ma con una precisione tramandata;
- il fritto perfetto è quel pezzo che rimane asciutto fuori e morbido dentro, senza odore di olio stanco.
Da lì in poi, il baccalà diventa parte del vocabolario quotidiano: è uno dei simboli dello street food romano, insieme a supplì e fiori di zucca. Un cibo semplice, ma che chiede cura.
Il baccalà nella cucina romana: piatto povero, gusto ricchissimo
Nella cucina romana tradizionale, il baccalà è un jolly:
- si frigge;
- si cucina in umido con pomodoro, olive e pinoli;
- si abbina a ceci, patate, verdure di stagione.
Il re resta sempre lui: il filetto di baccalà fritto, servito bollente, spesso mangiato in piedi, appena uscito dall’olio. È un piatto “povero” solo sulla carta: dietro c’è un lavoro preciso su dissalatura, taglio, pastella, temperatura dell’olio.
Oggi il baccalà continua a essere protagonista nei menu di trattorie e ristoranti romani, che lo usano sia nella sua forma più classica, sia in versioni più moderne:
- bocconi di baccalà in tempura con salse leggere;
- baccalà mantecato servito con pane caldo;
- cubetti fritti come finger food da aperitivo.
Dai Paesi Baschi a Roma: i Pintxos di baccalà
Un’interessante declinazione contemporanea è quella dei Pintxos di baccalà, una lavorazione che arriva dal Nord della Spagna, in particolare da Paesi Baschi, Navarra e Castiglia e León. I pintxos sono, in pratica, una versione delle tapas: piccoli stuzzichini pensati per essere mangiati in pochi morsi, spesso accompagnati da un bicchiere di vino o di birra.
I Pintxos di baccalà della gamma Premium Giraldo sono formati da filettini scelti del lato della testa, la parte più pregiata e succosa. Sono tagliati in cubetti regolari, pronti per la cottura:
- perfetti per un fritto veloce;
- ancora meglio per una tempura leggera;
- ideali per creare piatti da condivisione, tra tradizione romana e ispirazioni iberiche.
È qui che la cucina romana incontra il mondo: un ingrediente tipico delle friggitorie storiche si veste da pintxos e trova nuovi modi di stare a tavola, senza perdere la sua anima.
Cosa rende speciale il baccalà Giraldo selezionato da Longino
Per rispettare piatti così iconici, la materia prima non può essere casuale. Il baccalà dissalato Pintxos Premium di Giraldo, distribuito da Longino, è un esempio di prodotto che unisce tecnica e qualità.
I suoi punti di forza:
- Origine: il baccalà (Gadus morhua) è pescato all’amo nelle limpide acque tra Islanda e Isole Fær Øer, dove le basse temperature garantiscono carni sode e compatte.
- Lavorazione a bordo: il pesce viene lavorato direttamente sulle imbarcazioni, in modo da preservarne freschezza e caratteristiche.
- Stagionatura controllata: i filetti vengono lasciati per mesi sotto sale, a temperatura controllata, per ottenere un gusto equilibrato e profondo.
- Taglio uniforme: viene porzionato in parti regolari, così la dissalatura è omogenea e, in cucina, si può contare su una cottura costante e prevedibile.
- Dissalatura su ordine: il baccalà viene dissalato solo quando richiesto, utilizzando acqua ghiacciata. Questo permette di mantenere la consistenza ideale e un sapore mai eccessivamente salato.
Il risultato è un baccalà che, una volta arrivato in cucina, è già pronto per dare il meglio in frittura, in tempura o in preparazioni più delicate.
Consiglio dello chef: cotture e utilizzi in chiave romana
Per valorizzare al massimo un baccalà di questo tipo, il consiglio dello chef è chiaro:
- lavorare con olio cottura o tempura;
- controllare la temperatura, che non deve superare i 60 °C nelle preparazioni più delicate, per mantenere una struttura morbida e succosa;
- sfruttare i cubetti porzionati per velocizzare il servizio, senza sacrificare qualità e precisione.
Qualche idea di utilizzo in chiave romana:
- Fritto misto all’italiana con baccalà protagonista: accanto a supplì, fiori di zucca e crocchette, i cubetti di baccalà in tempura diventano il dettaglio che alza l’asticella.
- Antipasto di baccalà e legumi: fritto e servito su una crema di ceci o di fagioli, per un piatto che unisce comfort food e tecnica.
- Bocconi da aperitivo: pintxos di baccalà serviti su piccoli crostini, con un filo d’olio e una salsa leggera, per unire la convivialità romana alla cultura del bancone basco.
Perché il baccalà resta un ingrediente identitario della cucina romana
Nonostante arrivi da lontano, il baccalà è ormai un pezzo di identità gastronomica romana. Racconta:
- la capacità della città di adottare ingredienti “forestieri” e farli propri;
- la tradizione giudaico-romanesca e le sue regole di cucina;
- la forza di piatti all’apparenza semplici, ma che richiedono precisione assoluta.
Oggi, grazie a lavorazioni curate e prodotti di alta qualità come il baccalà dissalato Premium, questo ingrediente continua a evolversi senza perdere le radici. Rimane il re del fritto, ma può permettersi anche interpretazioni più raffinate, sempre con Roma ben presente nel piatto.
In fondo, il baccalà nella cucina romana è questo: un ponte tra Nord e Sud, tra mare lontano e tavole cittadine, tra tradizione popolare e tecnica contemporanea. Un ingrediente che, da solo, basta a raccontare quanto la cucina di Roma sia capace di trasformare ogni prodotto in una storia da mangiare.


