Se dici Roma a tavola, pensi subito a carbonara, cacio e pepe, amatriciana. Ma c’è un’altra parola, forse meno elegante, che racconta la città più di mille ricette: “quinto quarto”. Un nome che sa di macello, di mani forti, di cucina di sopravvivenza. Un nome che oggi, invece, significa genio e sapore. È la filosofia che ci guida anche da Velavevodetto: niente sprechi, solo rispetto e fantasia.
Perché “quinto quarto”?
Ai tempi in cui Testaccio era il cuore della macellazione romana, ogni animale veniva diviso in quattro quarti principali: tagli nobili e pregiati destinati ai ricchi, ai palazzi, alle famiglie che potevano permetterselo.
Quello che restava, cioè il quinto quarto, erano frattaglie, interiora, zampe, coda, testa. Roba considerata di poco valore.
E invece, nelle mani delle mogli e delle madri dei lavoratori del mattatoio, diventava oro da cucinare. Piatto dopo piatto, il quinto quarto ha trasformato gli scarti in capolavori.
Tagli e storie del quinto quarto
- Coda: la protagonista assoluta della coda alla vaccinara, stufata lenta, densa, che profuma di sedano e cacao.
- Trippa: regina del giovedì romano, con salsa di pomodoro e pecorino a pioggia.
- Coratella: cuore, fegato, polmoni d’agnello, saltati con carciofi. Colazione pasquale e poesia popolare.
- Animelle e cervello: fritte o in padella, delicatezze che oggi i grandi chef riportano in carta come gioielli.
- Pajata: l’intestino di vitello da latte cucinato col sugo. Un piatto che divide, ma che racconta una tradizione verace.
Il quinto quarto è stato per secoli il nutrimento del popolo, quello che i ricchi scartavano e che i romani trasformavano in festa. Oggi è tornato simbolo di cucina sostenibile, di antispreco, di rispetto per l’animale e per la storia.
Il quinto quarto come filosofia
Dietro ogni piatto di quinto quarto non c’è solo fame, c’è intelligenza culinaria. È l’arte di non buttare via nulla, di dare dignità a ogni parte dell’animale. È il cuore della cucina povera che diventa cucina ricca di sapore.
Questa filosofia, nata per necessità, è oggi una lezione di sostenibilità. Cucina circolare, zero sprechi, rispetto per chi produce e per chi cucina. Da Velavevodetto la portiamo avanti ogni giorno: non è solo un ricettario, è un modo di vivere Roma e la sua tavola.
Vieni a scoprire il quinto quarto da Velavevodetto
Coda, trippa, coratella, pajata: sono più che piatti, sono racconti popolari serviti su un piatto fumante. Assaggiarli è entrare dentro la città, sentirne l’anima, capire la sua storia.
Da Velavevodetto, a Roma e a Milano, li cuciniamo come si faceva una volta: lenti, saporiti, pieni di rispetto. Così ogni morso diventa un pezzo di memoria che torna viva.
Il quinto quarto non è solo cucina povera. È la nostra ricchezza.